Elezioni del 2 Novembre nelle Repubbliche DNR e LNR

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jcaloe
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Elezioni del 2 Novembre nelle Repubbliche DNR e LNR

Messaggio da jcaloe »

Il progetto, che tranquillamente potremmo definire “Panrossia”, ovvero la grande Russia, è stato tracciato da Vladimir Putin da molto tempo, e l’inizio della sua attuazione è stata avviata una volta che il potere del nuove Zar di Mosca si è consolidato, presumibilmente con l’arresto di colui che poteva, se non altro per la sua immensa disponibilità finanziaria, contrastarne l’ascesa, l’oligarca Mikhail Kodorkovsky, avvenuto all’aeroporto di Novosibirsk il 25.10.2003.

Quell’evento fu, a mio giudizio, una tappa significativa del progetto globale di Putin: da un lato fu per Vladimir Putin il superamento formale della linea di demarcazione fra la, pur flebile democrazia russa, e l’autoritarismo che è alla base del suo credo politico: governare senza dividere nulla con nessuno costituiva un ambizioso traguardo per lo zar del nuovo millennio, la base per consolidare sempre di più il suo potere, a scapito degli standards democratici della Russia post-sovietica.

Dall’altro lato l’arresto di Kodorkovsky, allora l’uomo più ricco della Russia, costituiva un monito per tutti gli altri oligarchi: godetevi le ricchezze depredate allo Stato, ma non interferite in politica. Successivamente il partito di Putin, Russia unita (il nome è già di per se un programma) stravinse le elezioni alla Duma e Putin mise sotto il suo controllo tutte le cariche più importanti ed il credo del “Re Sole”, Luigi 14°, <<lo Stato sono io>>, si è materializzato nel 2° millennio.

Una volta consolidato il suo potere in patria, Putin, che fino ad allora si era accreditato come leader illuminato, che voleva modernizzare la Russia e portarla anche nel club delle potenze economiche mondiali, ha ritracciato la sua politica di lungo respiro, con un obiettivo sempre più chiaro: restaurare la dominazione russa sui territori della ex URSS.

Infatti l'implosione dell'Unione Sovietica è stata definita da Putin come "la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo".. Il Cremlino si sforza di ricostruire, passo a passo, la sua sfera d'influenza com'era prima del crollo dell'URSS, con la forza se è necessario, con la diplomazia o minacciando di tagliare le forniture di risorse naturali.

L’invasione della Georgia dell’Agosto 2008 e la secessione delle due fantomatiche Repubbliche del Sud Ossetia ed Abkhazia, spalleggiate da Mosca, rappresentano il primo tassello della violenza, alla quale lo Zar non esita a ricorrere, per dar corso al suo progetto, un progetto monco senza l’Ucraina, che rappresentava, ai tempi dell’URSS, la seconda economia dell’Unione.

L’Ucraina è la vera spina nel fianco del progetto pan russo di Putin ed in diverse occasioni ha dimostrato di non voler aderire al progetto restauratore di Putin, come nel caso della Rivoluzione Arancione del 2004, che valse ad annullare le elezioni truffaldine che avena già allora consegnato il paese a Yanukovich, portando a nuove elezioni, che videro la vittoria di Yushchenko, Presidente europeista ed ostile alla Russia, ma che entrò in conflitto con l’altra protagonista della Rivoluzione Arancione, Yulia Timoshenko, dissidio che di fatti consentì al filorusso Yanukovich di vincere le elezioni presidenziali del 2010.

La Russia aveva riconquistato l’Ucraina, senza colpo ferire, ma aveva puntato eccessivamente su Yanukovich e sulle sue politiche illiberali, senza capire che in Ucraina, durante la Presidenza Yushchenko, aveva attecchito il seme della democrazia e che non sarebbe stato possibile estirparlo, come hanno dimostrato gli eventi tragici succedutisi a Maidan, nel corso di quest’anno.

La deposizione di Yanukovich e la sua fuga in Russia hanno determinato una nuova correzione di rotta nei progetti di Putin, in pratica lo zar ha tirato fuori dal cassetto una sorta di piano “B”, ovvero la disintegrazione dell’Ucraina, quale Stato sovrano ed indipendente, progetto, facilitato nella individuazione dei pretesti di legittimità, dal fatto che in Ucraina, specialmente nel sud-est del paese la lingua più parlata è il russo e che molti si sentono legati, etnicamente, linguisticamente e culturalmente alla Russia, indipendentemente da come la Russia consideri loro, a parola fratelli, ma nei fatti non ha esitato a portare la guerra in casa loro pur di sottomettere l’Ucraina.

Il primo step del piano B è stata l’annessione illegittima della Crimea, seguita al referendum farsa, tenutosi senza alcun controllo internazionale, in un clima di intimidazioni e minacce, e, da non dimenticare, al di fuori di ogni riferimento al diritto internazionale ed alla Costituzione dell’Ucraina.

Ma era chiaro già da allora che Putin non si sarebbe fermato alla Crimea, e così è nato il progetto “Novarossia”,ovvero la creazione di uno stato indipendente, su parte del territorio ucraino, inteso come primo passo della destabilizzazione della riluttante ucraina, sia per punirla per aver voltato le spalle alla Unione Doganale, messa in piedi da Putin, in antitesi alla Unione Europea, e sia per perseguire uno scopo logistico, anzi due.

La Crimea russa ha grandi difficoltà di collegamento con il territorio russo, dal quale attualmente si accede unicamente via mare, con traghetti, aventi come scalo principale il porto di Kerch. Sia per l’insufficienza delle attuali infrastrutture di collegamento, sia per il fatto che, avendo licenziato i marinai ucraini, sostituendoli con marinai russi, che non conoscono adeguatamente i luoghi, e, pertanto, non sono in grado di assicurare un servizio accettabile, il servizio è molto carente e sta creando molti malumori sia fra i Crimeani che fra i Russi che si recano nella penisola ex Ucraina.

Il poter stabilire un collegamento terrestre fra il territorio russo e la Crimea, risolverebbe alla radice il problema, ma tale soluzione non è perseguibile senza interessare il territorio ucraino, ragion per cui la Russia sta cercando di sottrarre una parte del territorio ucraino al controllo di Kiev, in modo da poter attuare in tempi brevi questo collegamento.

Altro problema di difficile soluzione, se non si interessa il territorio ucraino è costituito dall’approvvigionamento idrico ed elettrico della Crimea, che un tempo avveniva attraverso l’oblast di Kherson. E visto che il sasso ormai è stato lanciato, perché non accarezzare il sogno recondito di Putin: collegare la Russia alla Trasnistria, la regione separatista della Moldavia, che già nel 1992 aveva dichiarato la sua indipendenza da Chishinau, spalleggiata chiaramente da Mosca, che vi mantiene tuttora un contingente militare: allora il corridoio dalla Russia fino alla Moldavia deve interessare anche Odessa, città storicamente legata allo zarismo, ma facente parte del territorio ucraino.

Fatta questa premessa la logica vuole che la Russia metta un piede stabile sul territorio ucraino e cristallizzi il conflitto che lei stessa ha creato nelle regioni di Donetsk e Lugansk, con le stesse tecniche già collaudate in Moldavia e Georgia, Viste anche le reazione dell’Occidente alla ormai palese azione aggressiva russa, più che dar luogo ad una escalation militare, che provocherebbe anche molti caduti nelle file russe, con la possibilità che i Russi si accorgano che Mr. Putin non manda i ragazzi in divisa ad esercitazioni militari, ma in guerra, è preferibile consolidare la presenza stabile sul territorio ucraino, creando le due fantomatiche repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk:

non potendo rischiare un referendum in stile Crimea, che fra l’altro sarebbe ugualmente illegittimo, ma con il rischio fondato che le popolazioni interessate decidano di rimanere parte dell’Ucraina, unica e sovrana, ecco che si tengono direttamente elezioni, come se queste repubbliche esistessero veramente.

Putin sa benissimo di mettere in campo azioni sempre più radicali ed illegittime, ma vuole dare a queste una parvenza di legalità, più che altro per addomesticare le confuse menti russe, perché all’estero, dove la sua propaganda di tipo sovietico non può attecchire, la gente ha capito perfettamente i termini della questione. Adesso ha tirato fuori la teoria che le elezioni nelle DNR ed LNR, sono in linea con gli accordi di Minsk, interpretazione del tutto unilaterale, oserei dire alla Putin, mentre il Presidente Ucraino Poroshenko ha dichiarato che tale voto, per qianto illegittimo, metterebbe a repentaglio il processo di pace nel Donbass.

Anche il Segretario generale dell’ONU Ban-Ki-Moon ha chiesto di fermare queste assurde elezioni, ma tutta la comunità internazionale, fatta eccezione per gli stretti alleati di Putin, e nemmeno tutti, è su questa linea. Lavrov, che sempre il compito di dire le cose più insensate ed assurde, altrimenti che ci starebbe a fare, mi chiedo, ha invece dichiarato che le elezioni nelle Repubbliche Popolari di Lugansk e Donetsk del prossimo due Novembre sono conformi agli accordi di pace di Minsk e costituiscono un passo verso la normalizzazione della situazione e la risoluzione della crisi interna ucraina.

La testata governativa russa Russia Today, in un articolo odierno analizza il risultato delle elezioni parlamentari in Ucraina, evidenziando che esiste una spaccatura fra le due anime del paese, e rimarcando che nelle regioni russofone o non si è votato (aggiungo io sotto minacce e ricatti) o si è votato per Boyko, che dal nulla è divenuto il leader del partito filorusso, erede del partito delle regioni di Yanukovich.

In pratica la sostanza di questo articolo, dal titolo”Show me the money. Time for Brussels to put up or shut up on Ukraine, è che tende ad aumentare le divergenze fra l’Ovest e l’Est dell’Ucraina, affermando che, poiché sia il fondo monetario internazionale che l’Unione Europea daranno solo briciole, in termini economici, all’Ucraina, mentre il fabbisogno ammonta a 15 miliardi di dollari, giusto quelli promessi a Yanukovich, quale premio per non aver voluto sottoscrivere l’accordo associativo con la UE, nel vertice di Vilnius del Novembre 2013.

I due capibastone delle Repubbliche LNR e DNR, Igor Plotnitsky e Andrey Purgin chiaramente burattini di Mosca, vanno ripetendo da giorni che vogliono avere buoni rapporti con lo stato vicino (ndr l’Ucraina), ma che non hanno partecipato alle elezioni della Rada e che terranno il due Novembre le loro elezioni. Scrive la testata russa “Expert online” oggi: План «Б»: Россия готовит распад Украины» : La Russia prepara la disintegrazione dell’Ucraina.

Condivido in pieno questa analisi, perché questa è l’intenzione di Putin: disintegrare l’Ucraina e raccoglierne i pezzi, in barba ai trattati, Memorandum di Budapest, ed al diritto internazionale. Le sanzioni internazionali non fermeranno Putin: è in gioco non solo la riuscita del suo progetto restauratore, ma anche la sua credibilità e la sua stessa sopravvivenza politica ed ancora una volta l’Occidente sta a guardare, lanciando strali verbali, ma senza reali azioni concrete, mentre la Russia porta la sua sfida in Europa e tenta di intimidire anche gli Europei, con i suoi raid aerei nei cieli dell’Europa, anche questi in barba alle norme internazionali e con pericolo per l’aviazione civile.

Comunque è già un fatto positivo che la UE non abbia revocato le sanzioni a Mosca, adducendo quali motivazioni appunto il voler riconoscere queste elezioni farsa del 2 Novembre ed aver impedito che i cittadini di Lugansk e Donetsk non abbiano potuto votare per la Rada, causa minacce ed impedimento fisico.

La situazione è tesa, anche in vista del 2 Novembre, e questo solo grazie alla Russia, che alimenta questo conflitto, anche con armi ed uomini del suo esercito e queste elezioni non faranno altro che gettare altra benzina sul fuoco:

questo Putin lo sa ed in fondo è il suo obiettivo, ma gli USA mi sembrano troppo attendisti: il vero pallino della reazione, adeguata e ponderata si, ma determinata e decisa, è nelle mani di Obama e del Congresso Americano, e devono giocarlo bene, ma partono sfavoriti come in un incontro di pugilato: loro seguono le regole, Putin da bandito quale è, non segue alcuna regola, ma ricorre a colpi proibiti: sono fiducioso, ma non nell’azione dell’Occidente, piuttosto nello spirito patriottico del popolo ucraino, unito nei valori, sia ad Est che Ovest.


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